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Venerdì, 19 Aprile 2024
Michelangelo Creazione AdamoC’è nella cultura ebraica un nome che cela un’ingiunzione di matrice morale: Zaccaria. Zakhor dice la Torah, divieto di oblio, ingiunzione a non dimenticare. Se non bisogna dimenticare è per resistere all’oblio universale del divenire, che minaccia le tracce lasciate dagli eventi, e per combattere il tempo consumante e concedente. Storia e memoria si intrecciano, anzi esse costituiscono i termini in gioco di una dialettica polare senza la quale identità, tradizione, innovazione risulterebbero impossibili. Se non bisogna dimenticare è anche per continuare a onorare le vittime della violenza storica, per rammentare che la minaccia del male può sempre tornare, per tenere vivo ciò che il divenire storico cancella, per rispettare la parola data.
Il ricordo di consueto rinvia all’intimità di pensiero di ognuno di noi tuttavia esso può essere nutrito e rafforzato grazie alla condivisione e allo stimolo donatoci dall’altro, pensiamo alla magia che scaturisce dal dialogo tra due vecchi amici seduti su di una panchina.
Per contro esso può essere reso fallace o addirittura gettato nelle oscurità dell’oblio. Questo è il pericolo estremo: è impossibile cancellare ciò che è accaduto, i fatti appartengono all’eternità (Jankelevitch disse che “colui che è stato non può più non essere stato: ormai questo fatto misterioso e profondamente oscuro dell’essere stato è il viatico per l’eternità), tuttavia è possibile annullare la memoria dell’uomo che è conditio sine qua non del poter essere ricordato e tramandato.
Si dice che ciò che è accaduto, il passato, non può più essere cambiato, in questo senso pare determinato. Al contrario, il futuro è il paradigma dell’incertezza di ciò che è aperto e indeterminato. Ma tutto questo non è del tutto vero. Se, infatti, i fatti sono incancellabili, se non si può più tornare indietro, è altrettanto vero che il senso di ciò che è accaduto non è iscritto sulla pietra dell’eternità. Gli avvenimenti del passato possono infatti essere interpretati altrimenti, il fardello di una colpa può essere alleggerito, il dramma vissuto può inserirsi in una visione di vita del tutto nuova. Qui soggiace ad esempio la possibile riconciliazione con sé stesso da parte di un detenuto pentito, qui scaturisce la voglia di rivivere una vita ferita nel profondo, qui sgorga la possibilità di ricevere e onorare il perdono che verrà. E’ qui che la ragione, lo strumento più potente dell’umana natura, interviene sulla memoria, chiarifica e agevola la comprensione di esperienze di vita traumatiche, di ricordi che rendono le notti insonni, di pensieri talmente pesanti da divenire soffocanti.
Paradossalmente la memoria è resa possibile grazie al suo antagonista per definizione, l’oblio. L’oblio, infatti, assunto inconsapevolmente in piccole dosi permette la possibilità di ricordare affinché la memoria non diventi un fardello insopportabile. Quanti eventi la nostra mente, nel suo lavoro silenzioso e incessante, cancella per rendere la nostra vita vivibile e sopportabile.
Esistono, tuttavia, varie forme di oblio che possono annullare completamente la memoria e rendere impossibile il ricordo ed è in questo caso che la vita perde di senso. La perdita di memoria legata alla malattia dovrebbe insegnarci quanto essa sia fondamentale nella vita della persona e nella vita di relazione. Che genere di vita, di mondo, di sé , rimane in una persona che ha perduto la maggior parte della memoria e con essa il suo passato e i suoi ormeggi nel tempo? Forse si dovrebbe incominciare a perdere la memoria, anche in piccole dosi, solo brandelli di ricordo, per capire che in essa consiste la nostra vita. Senza memoria la vita non è vita: come disse Luis Bunuel “la nostra memoria è la nostra coerenza, la nostra ragione, il nostro sentimento, persino il nostro agire. Senza di essa non siamo nulla”.
F.Z.