Cari studenti,
permettetemi di scrivervi queste riflessioni a caldo, adesso che la scuola è finita. Per chi di voi non ha da superare l’ultimo scoglio costituito dall’esame di stato è già iniziato il periodo delle vacanze estive, periodo gioioso perché rappresenta la fine di un anno di studio e di impegni. L'ambiente scolastico è una grande comunità di vita e di lavoro e come tale è fondato sulla relazione: tra studenti, tra studenti, insegnanti e famiglie, senza contare i rapporti quotidiani con collaboratori scolastici, personale di segreteria, ecc. La scuola è un luogo di incontri, di scoperte, di esperienze cruciali nel graduale processo di emancipazione da quello stato che Kant chiamava di «minorità» - psicologica prima ancora che anagrafica -, verso l’età adulta. Le relazioni che da studenti si instaurano a scuola coincidono con una fase irripetibile nella vita di una persona e come tali sono associate a vissuti, turbamenti e turbolenze emotive, sentimenti potenti e talvolta ambivalenti: noia, senso di costrizione o di incomprensione, ma anche più rari e decisivi attimi di autentico trasporto, di entusiasmo e stupore davanti alla bellezza di un verso, alla perfezione di una formula o alla profondità di un pensiero che un bravo insegnante ha saputo farci apprezzare suscitando in noi la curiosità di capire, un vivo interesse, insomma motivandoci a ricercare ed approfondire da soli un certo ambito del sapere. Come tutti gli ambienti dove operano professionisti che svolgono un servizio alla persona, a scuola possono sorgere contrasti, conflitti e problemi dati dal delicato ruolo educativo a cui tutti gli attori sono chiamati, ruolo molto complesso e delicato che non si esaurisce nel fornire solo istruzione in quanto favorisce un processo di crescita umana, intellettuale, morale e civile, accompagnando i ragazzi verso la maturità.
Nel processo di costruzione della propria identità personale i giovani hanno bisogno di contestare l’autorità dell’istituzione e dei suoi rappresentanti, di assumere comportamenti anticonformisti e talora ribelli, misurandosi coi limiti imposti al fine di rendersi indipendenti e di comprendere chi si è e cosa si vuol fare nella e della propria vita, ovvero intraprendendo quel processo psicologico ed esistenziale che contribuisce a costituire e a definire la propria personalità, che è tale solo se è riflessa e consapevole e soprattutto se acquisisce il senso della misura, se riconosce l’altro e ha coscienza di sé non come di una monade pervasa da un irrefrenabile impulso di onnipotenza ma da spirito di gravità - quel che si può chiamare principio di realtà -, senza per questo perdere la leggerezza degli istanti irripetibili di gioia spensierata e gaia che l’adolescenza regala, la levità dei sogni giovanili da coltivare, il fervore dei desideri ardenti da soddisfare.
Quando si frequenta la scuola non si vede l'ora che finisca. Anche per me è stato così. Ricordo che a fine anno scolastico ero euforico perché mi sembrava una liberazione: niente più sveglie mattutine, compiti, interrogazioni, verifiche. Mi rimaneva solo un po’ di nostalgia per certi compagni o professori che avrei rivisto solo in autunno, alla ripresa delle lezioni, così come per certe atmosfere sospese, per certe materie che mi avevano appassionato; si trattava di uno spaesamento iniziale subito superato dall’ebbrezza dei giorni estivi, di lavoro ma anche di letture, dalla prospettiva di intensi momenti di svago, di camminate all’aria aperta, di libertà. Poi col tempo ho capito che quell'esperienza è stata irripetibile e fondamentale: ha segnato la mia vita e soprattutto dopo la conclusione della scuola superiore sono subentrati il rimpianto e la nostalgia, anche perché ho capito che quella è stata una fase decisiva non solo per la mia formazione intellettuale ma per la mia educazione sentimentale ed esistenziale; ho compreso quanto siano importanti e addirittura preponderanti quelle che Pascal chiamava «le ragioni del cuore». Ringrazio ancora con infinita riconoscenza qui professori che mi hanno reso consapevole di questo, che insieme all’amore per lo studio e per la conoscenza mi hanno fatto comprendere che un uomo si misura per la sua sensibilità e per la sua statura morale, prima ancora che intellettuale.
Molti di voi tra pochi giorni affronteranno l'esame di stato, che un tempo si chiamava di “maturità" perché segna il passaggio all'età adulta e il definitivo abbandono di un lungo periodo di frequenza della scuola. I ragazzi generalmente vivono questo momento con grande entusiasmo e con un senso di emancipazione, perché sono ormai maggiorenni e vedono davanti a sé aprirsi tante prospettive e realizzarsi ambizioni e aspirazioni (università, scelte lavorative), eppure vi assicuro che scoprirete anche voi, quando sarete fuori, che la scuola vi mancherà. Capirete che il periodo della scuola superiore ha coinciso con una fase cruciale della vostra vita -l'adolescenza -, età critica e difficile, turbolenta, ma anche età della spensierata gioia di vivere, età di amicizie, primi amori, di scelte e decisioni, ma anche di progressiva conoscenza di sé e di formazione della propria individualità, età fondamentale sotto l'aspetto emotivo, affettivo, intellettuale e relazionale. L'età che state vivendo è il periodo più bello della vostra vita perché ancora per poco potete delegare ad altri delle responsabilità, gustando l’esuberanza dei vostri anni spensierati. Quando verrà il tempo della maturità e delle responsabilità, con le preoccupazioni quotidiane, talora con le traversie che riserva la vita, penserete con commozione e sottile malinconia al tempo della scuola, come ad una stagione unica della vostra vita, perché il valore formativo della scuola, come di tutte le esperienze importanti della vita, si scopre dopo, quando la si abbandona; col tempo penserete ai vostri vecchi compagni di scuola e anche ai vostri insegnanti, qualcuno arcigno e severo, qualcun altro buono e simpatico, tutti coi loro pregi e difetti. Soprattutto penserete a come eravate voi, ingenuamente candidi e generosi, autentici, quando magari vi ritroverete anni dopo a qualche cena di classe e vi ritroverete diversi.
Il mio augurio è che possiate conservare il vostro candore, la generosa pienezza dei vostri migliori anni, la vostra autenticità. Questo è il mio augurio, cari ragazzi: che possiate avere una vita serena e che possiate realizzare i vostri sogni e desideri. Non perdete mai la capacità di appassionarvi, conservate il gusto dell'attesa, siate spiriti liberi ma responsabili. La maturità non consiste nel conservare intatta l'ingenua freschezza dell'adolescenza; non consiste nemmeno nel superarla diventando aridi, cinici e disillusi. La maturità è sapersi mantenere fedeli alla parte migliore e più pura di se stessi pur nella dolente constatazione che l'esistenza riserva talora prove dolorose e difficili. «Si ripaga male un maestro se si rimane sempre scolari.» (Nietzsche)
Giovanni Widmann ha insegnato storia e filosofia al liceo Russell di Cles